La tre giorni palermitana dei
wikimediani in Sicilia
Il primo giorno, il venerdì, è stata la volta
dell’Arancina Day. Un incontro realizzato in
collaborazione con Free Circle, un’associazione di
appassionati, studenti e professionisti con la passione del
software libero e a codice aperto. Un’occasione per presentare
Wikidata, il database libero, e come i dati possono essere
utilizzati da altri strumenti open source, mentre assaporavamo il
delizioso street food a base di riso.
Sabato mattina, insieme al rappresentante
dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione
Siciliana, abbiamo presentato i risultati del progetto
“Wiki Loves Sicilia” e avviato la collaborazione fra Wikimedia
Italia e la Regione Siciliana, che sarà presto completata da una
convenzione.
Gli interventi sono stati seguiti da una visita del
Palazzo dei Normanni e della Cappella Palatina a cura
della Fondazione Federico Secondo.
Nel pomeriggio abbiamo organizzato un laboratorio Wikipedia e
un’editathon sul tema dello street food
palermitano. Fra i partecipanti abbiamo avuto il piacere
di ospitare anche la professoressa Ventura e i suoi studenti del
percorso “Comunicazione per l’enogastronomia” dell’Università di
Palermo, che hanno imparato come si possono aggiungere dei
contenuti su Wikipedia. Il sabato sera è stato dedicato alla
scoperta dello street food palermitano.
Durante l’ultimo giorno, abbiamo organizzato una visita
guidata che ha permesso sia a chi visitava Palermo per la
prima volta di scoprire l’architettura e la storia della città, sia
ai palermitani DOC di ammirare il centro storico con nuovi
occhi.
Wiki Loves Sicilia continua nel
2025
La prima edizione di Wiki Loves Sicilia è terminata, ma il
progetto non finisce qui! Presto vi informeremo sui prossimi raduni
in Sicilia attraverso questo sito e la pagina dei raduni di
Wikipedia. Mentre per conoscere la comunità è disponibile il
gruppo Telegram Wikimediani in Sicilia: uno
strumento per conoscersi, collaborare e suggerire delle nuove
attività.
Dall’11 al 14 dicembre scorsi Padova ha ospitato
FOSS4G-IT – OSMit 2024, uno degli eventi più
importanti a livello nazionale per gli utilizzatori e sviluppatori
di software geografico libero e dati geografici
liberi, e in generale per tutte le persone che guardano
alle soluzioni libere nel campo dell’informazione
geografica.
L’evento
FOSS4G-IT – OSMit 2024
è stato organizzato da GFOSS.it e Wikimedia Italia con la
collaborazione di CirGEO (Interdepartmental Research Center
of GEOMATICS), Università di Padova – TESAF (Dipartimento
Territorio e Sistemi Agro-Forestali) e ASITA (conferenza
nazionale di geomatica e informazione geografica). Il risultato
sono state quattro giornate ricche di presentazioni, workshop,
tavoli di lavoro e gruppi di discussione all’insegna di dati e
software geografici liberi.
Giorno 1: i workshop
La partecipazione a FOSS4G-IT – OSMit 2024 è stata importante:
circa cento persone hanno infatti preso parte a
una o più delle attività del convegno, che si è aperto con una
giornata interamente dedicata ai workshop di introduzione pratica
ai sistemi FOSS4G.
Giorno 2: le presentazioni
La giornata del 12 dicembre è stata dedicata alle
presentazioni di esperti che hanno illustrato l’uso di
strumenti open nel mondo accademico e
professionale. Nel pomeriggio si sono concentrate buona
parte degli interventi dedicati a OpenStreetMap, tra i quali la
presentazione di Elisabetta Colucci di “PoliTO Mapping
Party – Indoor Buildings”. Il progetto, organizzato dal
gruppo di Geomatica del Politecnico di Torino (DAD, DIST, DIATI),
coinvolge gli studenti nella mappatura degli spazi interni
dell’ateneo, con l’obiettivo di migliorarne la navigazione e
l’accessibilità.
Di grande interesse è stata anche la presentazione di Andrea
Canevazzi (AMAT), Lorenzo Stucchi (Wikimedia), Chiara Angiolini
(TomTom) e Said Turksever (Meta) sull’approccio collaborativo
per sostenere il miglioramento dei dati e il potenziamento
della qualità della mappa pedonale OSM, utilizzando
MapRoulette e la governance collaborativa.
Giorno 3: i tavoli di lavoro
Dopo una giornata densa di presentazioni, la terza giornata del
convegno è stata dedicata ai tavoli di lavoro,
seguendo il metodo OST (Open Space Technology): i partecipanti
hanno collaborato divisi in gruppi e per temi, al fine di stimolare
la cooperazione, trovare soluzioni comuni e generare degli output
dalle criticità emerse durante il lavoro. Dopo le sessioni c’è
stata una plenaria per discutere insieme dei
risultati ottenuti.
Ultimo giorno: OSMit
L’ultima giornata del convegno è stata interamente dedicata alla
comunità e al progetto OpenStreetMap. In mattinata
Chiara Angiolini ha presentato il progetto di TomTom “Tech
education: Andare a scuola sicuri” realizzato nel Liceo B.
Cavalieri e sostenuto dal bando Wiki-imparare 2025 di Wikimedia
Italia. Sono seguite altre presentazioni altrettanto interessanti,
come la mappatura di elementi per l’accessibilità urbana in
OpenStreetMap di Alessandro Sarretta, l’esperienza di UN
Mappers raccontata da Michael Montani, la presentazione di
Alessandro Palmas “OSM Italia adotta un borgo in
Calabria”, e per concludere una spiegazione sulla
raccolta e il caricamento su Mapillary di immagini a
livello stradale con action cam, sempre a cura di
Alessandro Sarretta.
In chiusura della sessione mattutina ci sono stati gli
interventi di due membri del direttivo della OpenStreetMap
Foundation, Maurizio Napolitano e Hector Ochoa
Ortiz, che hanno condiviso la loro esperienza in OSMF,
hanno spiegato come funziona la fondazione e hanno raccontato i
loro auspici per il futuro del progetto a livello nazionale e
internazionale.
Terminate le presentazioni, i partecipanti si sono divisi
in gruppi per discutere di 2 temi di interesse per la
comunità: uno su ciclabilità e accessibilità, l’altro sui confini
ISTAT (Import dati dalle PA) e paid editing.
Una conclusione all’insegna dello
spirito comunitario
L’ultima parte della giornata è stata infine dedicata a una
sessione in plenaria dal titolo “Comunità o anarchici
individualisti?”. Dalla discussione sono emersi diversi
punti di vista, sono state condivise esperienze interessanti e
molti spunti su come rafforzare il lato più comunitario di
OpenStreetMap, aspetto certamente molto importante per il
progetto.
Immagine in evidenza di Anisa Kuci, CC BY-SA 4.0,
da Wikimedia Commons
C’è tempo fino al 1° marzo 2025 per partecipare
al bando musei, archivi e biblioteche (MAB) di
Wikimedia Italia. Il bando è realizzato in collaborazione con ICOM
Italia e Creative Commons Italia, ed è volto a sostenere il libero
riuso in rete delle immagini di pubblico dominio e dei contenuti in
open access con licenze libere.
L’obiettivo è la diffusione delle riproduzioni digitali del
patrimonio culturale italiano con licenza libera, attraverso le
tecnologie digitali e in particolare internet: un veicolo efficace
per sensibilizzare i cittadini alla partecipazione diretta, per
promuovere la ricerca, la creatività, la cultura e il turismo.
Chi può partecipare al bando musei,
archivi e biblioteche 2025
Il bando si rivolge a tutte le istituzioni culturali con
sede in Italia, pubbliche e private, di qualunque
dimensione e in particolare, ma non solo, a musei, archivi e
biblioteche e relative organizzazioni che le gestiscono.
Il budget delle attività deve essere compreso tra i
2.000 e gli 8.000 euro, e la scadenza per la
presentazione delle proposte è il 1° marzo 2025.
Le storie del bando musei, archivi e
biblioteche
Il bando MAB di Wikimedia Italia esiste nella sua forma attuale
dal 2021 e ha finanziato fino ad oggi ben 30
progetti, molto diversi tra loro e presentati da
istituzioni culturali grandi e piccole lungo tutta la Penisola.
Sono stati finanziati progetti multipiattaforma, come quelli dei
Musei di Strada Nuova di Genova e delle Biblioteche civiche di
Bologna, che hanno caricato immagini su Wikimedia Commons, creato
item su Wikidata e scritto voci su Wikipedia, e altri che
riguardavano la condivisione di scansioni di libri interi, come
quelli presentati dalla Biblioteca Arcivescovile di Brindisi
(codici e incunaboli) o la Biblioteca di Economia dell’Università
di Torino (testi di storia locale). Ma anche la condivisione di
importanti scansioni 3d da parte del Museo di Storia Naturale di
Pisa e l’integrazione di database con OpenStreetMap portato avanti
dalla Biblioteca del CNR di Bologna.
La condivisione della conoscenza e la diffusione del sapere
viaggiano per una moltitudine di strade diverse:
se lavori per un ente o un’istituzione che possiede contenuti
culturali di proprietà, in pubblico dominio o rilasciabili con
licenza libera, leggi attentamente il
bando e presenta la tua proposta.
Immagine: Scuola di Atene (cropped), Pubblico dominio
Sabato 18 gennaio alle 16:00 Palazzo Rosso a Genova ospiterà
la premiazione nazionale del concorso Wiki Loves Monuments
2024. Ma la giornata sarà fitta di eventi, a partire dalla
mattinata. Alle 10:00 saremo infatti ospiti del Museo dei Beni
Culturali Cappuccini per una maratona di scrittura di voci su
Wikipedia, mentre alle 15:00 lo staff di Palazzo Rosso ci
accompagnerà in una visita guidata dei suoi spazi. In concomitanza
alla premiazione del concorso, inoltre, si terranno i
festeggiamenti per il 24° compleanno di Wikipedia.
Wiki Loves Monuments 2024
Il concorso, giunto alla sua
tredicesima edizione, è organizzato in collaborazione
con FIAF e gode del patrocinio di ANCI, ICOM
Italia e AIB. Nel 2024 Wiki Loves Monuments ha raccolto
più di 40.000 contributi fotografici da tutta
Italia, con una partecipazione straordinaria di
appassionati, fotografi professionisti e dilettanti.
Obiettivo principale del concorso è quello di arricchire Wikimedia
Commons con immagini di alta qualità che documentino
monumenti e luoghi di interesse storico e
artistico, rilasciate con licenza libera.
Non è solo quindi un’occasione per permettere agli appassionati di
fotografia di esprimere talento e creatività, ma anche un momento
di riflessione sulla salvaguardia del nostro patrimonio, spesso
dimenticato o poco valorizzato. La premiazione di quest’anno
rappresenta un’occasione unica per incontrare la comunità di
Wikimedia e scoprire le immagini vincitrici, che racchiudono storie
e prospettive affascinanti sul nostro Paese.
Il Museo dei Beni Culturali Cappuccini
di Genova
La giornata del 18 gennaio si aprirà alle 10 con
un’editathon tematica presso il Museo dei Beni
Culturali Cappuccini di Genova.
Situato all’ultimo piano del convento dei frati Cappuccini di
Santa Caterina di Genova, il museo ha come obiettivo la
preservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale
dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini della Liguria,
raccontandone la storia e l’impatto sul territorio.
Il percorso espositivo si snoda attraverso diverse sale che
ospitano opere d’arte sacra, arredi liturgici, manoscritti e
oggetti devozionali. Tra i pezzi più significativi si trovano
dipinti di autori come Domenico Fiasella e Bernardo Strozzi,
simboli della vivace stagione artistica ligure tra il XVII e il
XVIII secolo. Non mancano testimonianze della vita quotidiana e
spirituale dei frati, come i semplici strumenti di lavoro e i
reliquiari.
Oltre alla collezione permanente, il museo si distingue per
l’organizzazione di mostre temporanee e attività educative,
confermandosi come un importante polo culturale.
Palazzo Rosso, sede della premiazione
e del compleanno di Wikipedia
La giornata prosegue alle 15 con una visita guidata a
Palazzo Rosso, parte del circuito dei Musei di Strada
Nuova e del Sistema dei Rolli, nonché autentico capolavoro
dell’architettura genovese. Costruito nel XVII secolo per volere
della famiglia Brignole-Sale, il palazzo ospita oggi una ricca
collezione d’arte che spazia dal Rinascimento al Barocco, con opere
di artisti come Van Dyck, Guido Reni e Guercino. Gli affreschi, gli
arredi e le decorazioni degli interni raccontano la storia di
un’epoca di grande splendore e fanno di Palazzo Rosso uno scenario
ideale per celebrare l’arte e la cultura. Alle 16 il
palazzo ospiterà la premiazione del concorso e, a seguire, le
celebrazioni del 24° compleanno di Wikipedia.
Come partecipare
La partecipazione a tutti gli eventi della giornata è libera e
gratuita, ma per prendere parte all’editathon, alla visita guidata
e alla premiazione occorre registrarsi a questo link.
I concorsi locali di Wiki Loves Monuments ogni anno ci
consentono di ammirare le bellezze delle nostre regioni da tutti i
punti di vista. Scopriamo allora insieme quali sono i
vincitori dei concorsi regionali Wiki Loves Mouments 2024
di Puglia, Lazio, Liguria, Lago di Como e Friuli-Venezia Giulia,
nell’attesa della premiazione del concorso
nazionale, prevista per il 18 gennaio 2025 a Genova.
Wiki Loves Puglia
Quella di quest’anno è stata un’edizione da record per Wiki
Loves Puglia: con ben 180 fotografi partecipanti, è infatti il
concorso locale con più adesioni del 2024. 2.051 sono invece gli
scatti caricati per celebrare il patrimonio culturale e artistico
della regione. Ecco i primi 5 classificati:
Wiki Loves Lazio
Dopo una prima edizione nel 2019, torna nel 2024 il concorso
locale WLM Lazio, e lo fa con ben 6.035 scatti partecipanti! Ecco i
tre vincitori del concorso tradizionale e i primi tre della sezione
“Luoghi della cultura”.
Concorso tradizionale
1° posto: foto di
Sorciosecco, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons2° posto: foto di Di
Pinat1947, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons3° posto: foto Klaudiakol,
CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
Luoghi della cultura
1° posto: foto di Di Enrica
Ridolfi , CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons2° posto: foto di Matteo
Pappadopoli, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons3° posto: foto di
Acquario51, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
Wiki Loves Liguria
L’edizione ligure di Wiki Loves Monuments nasce nel 2017. Nel
2024 hanno partecipato al concorso 43 fotografi,
caricando 1.691 foto. Ecco le prime tre classificate,
insieme all’immagine vincitrice del premio speciale per i luoghi
della cultura.
1° posto: foto di Romotta,
CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons2° posto: foto di Pamyd85,
CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons3° posto: foto di TeKappa,
CC BY-SA 4.0, da Wikimedia CommonsPremio speciale per i luoghi
della cultura: foto di Tinus70, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia
Commons
Wiki Loves Lake Como
Il concorso locale Wiki Loves Lake Como è giunto ormai alla sua
sesta edizione. Il suo obiettivo è quello di valorizzare e
documentare il patrimonio culturale e la ricchezza
artistico-culturale del territorio lariano
(province di Como e Lecco). Ammiriamo le immagini vincitrici delle
varie sezioni del concorso di quest’anno:
1° posto sezione Luoghi
della cultura: foto di Emibuzz, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia
Commons1° posto sezione Monumenti:
foto di Maurizio Moro5153, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia
Commons1° posto sezione Viste
d’insieme: foto di StefanoPorta67, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia
CommonsPremio speciale Monumento
ignoto: foto di LauraPiatti, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia
Commons
Wiki Loves Friuli-Venezia Giulia
Il concorso Wiki Loves Monuments del Friuli-Venezia Giulia si
svolge dal 2022, e coinvolge fin dalla prima edizione l’intero
territorio regionale. Il 2024 ha visto la partecipazione di 18
fotografi che hanno caricato 188 scatti. Ecco i vincitori:
1° posto: Foto di
Tournasol7, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons2° posto: foto di
MemMinquxa, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons3° posto: foto di Termauri,
CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons4° posto: foto di Jotone, CC
BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons5° posto: foto di Di
ALESSIOTERZO , CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
C’è uno sportivo italiano che quest’anno vince dappertutto,
anche su Wikipedia. Se è sicuramente chiaro ai più di chi stiamo
parlando, consultare la classifica delle voci più lette è un
esercizio sempre illuminante, ancor di più quando si parla non di
un mese, ma di un anno intero di ricerche degli italiani.
Lasciamoci allora condurre dal volontario Oltrepier negli interessi
dei nostri connazionali, con la classifica delle voci più
lette su Wikipedia nel 2024 * (più alcune “Honorable
mentions” che vi lasciamo in coda alla classifica).
Il servizio pubblico italiano ha tagliato due importanti
traguardi nel corso del 2024: il settantesimo
anniversario dall’inizio delle trasmissioni televisive,
iniziate alle 11:00 del 3 gennaio 1954, e
il centesimo (lo scorso 6 ottobre) dalla prima messa in onda
dei programmi dell’Unione
radiofonica italiana, antenato della stessa Rai. Con tutta
probabilità, però, ci sono stati anche molti altri fattori che
hanno contribuito al sorprendente terzo posto della storica rete
nazionale in questa classifica. Innanzitutto, il successo
dell’ultimo Festival
di Sanremo curato da Amadeus,
capace di ottenere una
media del 65,44% di share, così come
della serie Mare fuori, del
talk show Belve e delle
miniserie dedicate a personaggi del calibro di Franco
Califano, Guglielmo
Marconi e Mike Bongiorno. Ma
anche episodi negativi, come gli scontri durante le proteste
davanti alle sedi di
Torino e
Napoli (in reazione alle posizioni assunte dalla dirigenza Rai
sulla guerra
nella Striscia di
Gaza) e le
denunce pubbliche di censura e interferenze politiche da parte
del sindacato Usigrai. Infine, alcune
importanti defezioni, come quelle del sopracitato Amadeus (passato
a Nove) e
dell’ormai ex presidenteMarinella
Soldi (assunta
dalla BBC), nonché
le scomparse degli storici giornalisti Franco Di Mare e
Luca Giurato. Nel
complesso, dunque, la Rai continua ad avere un ruolo centrale nel
dibattito e nella vita quotidiana di molti italiani.
Per quanto non sia sempre stato facile intuire le dinamiche alla
base della popolarità della voce sulla piattaforma di Meta, si possono
comunque individuare più motivazioni: in primo luogo, i
festeggiamenti per il ventesimo
anniversario di Facebook, approdata ufficialmente online il 4
febbraio 2004. Inoltre, il social network co-fondato da Mark Zuckerberg
è stato al centro di diverse controversie, soprattutto nella prima
parte di quest’anno: ad esempio, il coinvolgimento nelle
indagini della Commissione
Europea sulla concorrenza nel mercato digitale, e gli
scontri con la stampaaustraliana sulla
promozione dei contenuti giornalistici, che hanno portato alla
chiusura della sezione “news” di Facebook nel Paese, oltre che
in Canada.
In questo caso non c’è molto da scrivere, se non forse che, al
netto dei problemi strutturali che si ritrova ancora ad
affrontare, l’Italia rimane comunque il Paese a cui siamo tutti
indissolubilmente legati, qualunque sia la parte della penisola (o
del mondo) in cui stiamo leggendo questo articolo. Nel corso
dell’anno, oltre al consueto rinnovo delle feste
della Liberazione (25 aprile) e della
Repubblica (2 giugno), il nostro Paese è stato interessato
dalle recenti
elezioni europee, oltreché da
sette elezioni regionali e
29 amministrative nei comuni capoluogo.
Inoltre, l’Italia è stata rappresentata in numerosi eventi
sportivi, a partire dalle
Olimpiadi e
Paralimpiadi svoltesi a Parigi.
Il cantautore originario di Lagonegro, scomparso
nel dicembre del 2014, mantiene un posto anche nella classifica di
fine anno, in particolar modo grazie al notevole picco di
visualizzazioni ricevuto
a febbraio. Ancora una volta, Mango precede la figlia Angelina,
vincitrice dell’ultimo
Festival di Sanremo, da cui era stato
omaggiato durante la serata delle cover, con un’interpretazione
estremamente sentita del brano del 2002 La rondine,
che ha quindi contribuito a rinnovare l’interesse nei confronti
dell’artista e del suo repertorio, comprendente anche brani come
Oro,
Bella
d’estate e Mediterraneo.
La 17° edizione degli Europei
di calcio si è tenuta dal 14 giugno al 14 luglio di quest’anno,
venendo organizzata dalla Germania per la terza
volta nella sua storia, dopo gli Europei del 1988
(anno precedente alla riunificazione
delle repubbliche occidentale e
orientale)
e del 2020,
in cui però il Paese era solo una delle tappe itineranti.
Nonostante la competizione non abbia riservato memorie esattamente
emozionanti all’Italia,
eliminata negli ottavi di finale dalla Svizzera,
nel complesso ha comunque visto sia percorsi in un certo modo
sorprendenti, ad esempio nei casi di Georgia
e Turchia,
ma anche eliminazioni più o meno clamorose, fra cui quelle degli
stessi Azzurri, del Belgio
e dell’Ucraina
(estromessa solo per via della
differenza reti). Alla fine, però, è stata la Spagna
ad aggiudicarsi la vittoria finale e il quarto titolo europeo,
prevalendo in finale sull’Inghilterra
al termine di un torneo
piuttosto convincente.
La tragedia riguardante la ragazza sedicenne di Potenza, sparita
nel nulla nel 1993 e ritrovata morta solo nel 2010, è tornata al
centro dell’attenzione di molti grazie al documentario
Dove Nessuno
Guarda (realizzato da Pablo Trincia e
prodotto da Sky Italia),
inizialmente pubblicato sotto forma di
podcast su Chora Media nell’agosto del 2023, ma poi
trasmesso in quattro puntate su TV8 a partire dal 16
settembre di quest’anno. Inoltre, a partire dal
25 luglio, è approdata su Netflix un’altra
miniserie televisiva dedicata allo stesso caso, Per Elisa
– Il caso Claps (diretta da Marco
Pontecorvo), trasmessa su Rai 1 fra l’ottobre e il
novembre del 2023 e realizzata con il contributo diretto della
famiglia Claps, che aveva quindi deciso di
devolvere il compenso al progetto di realizzazione di un
ambulatorio dedicato ad Elisa a Goma, nella Repubblica
Democratica del Congo.
Wiki Loves Earth 2024 ha finalmente i suoi
vincitori. Giunto alla sua dodicesima edizione, il concorso ha come
obiettivo la valorizzazione dei beni naturali e paesaggistici delle
aree protette in tutto il mondo. Quest’anno il numero di Paesi
partecipanti è salito a 56, con più di 80.000
immagini caricate con licenza libera su Wikimedia Commons,
per consentirne il riutilizzo da parte di tutti.
E – udite udite – l’Italia appare ben due volte nella
classifica delle foto vincitrici!
La selezione
I Paesi partecipanti hanno selezionato fino a 15 immagini
vincitrici del concorso locale,
divise in due categorie – Paesaggi e Macro/Close-up – che hanno poi
preso parte alla selezione internazionale di Wiki Loves Earth 2024.
La giuria, composta da fotografi, esperti e wikimediani di tutto il
mondo, ha selezionato, tra le immagini vincitrici, due
fotografie provenienti dal concorso italiano, una per la
categoria “Paesaggi” e una per quella “Macro/close-up”. Si tratta,
rispettivamente, della foto scattata da Scosse
dello splendido Lago di Fusine, che si posiziona sesta
nella categoria “Paesaggi”, e del maestoso cervo catturato da
MicheleIlluzzi in A deer in the mist, classificatasi
prima nel concorso internazionale per la sezione
“Macro/close-up”.
Ma vediamo tutte le magnifiche foto vincitrici del concorso Wiki
Loves Earth di quest’anno.
Le foto vincitrici di Wiki Loves Earth
2024
Categoria
Paesaggi
Prima classificata
Son kanat çırpış di
Rotadefterim, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Seconda classificata
Марсианский пейзаж впадины
Карынжарык. Вдали Три Батыра di Максат79, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Terza classificata
Kaçkar Dağları ve Artvin di
Ismailtasgeldi, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Quarta classificata
Кызылкуп на рассвете di
Максат79, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Quinta classificata
Hürmetçi_ve_Erciyes di
Ismailtasgeldi, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Sesta classificata
Riflesso al Lago di Fusine
di Scosse, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Settima classificata
Геопарк Мадыген (краски) di
Marat Nadjibaev, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Ottava classificata
Şavşatta Sonbahar di
Turreis10700, CC BY-SA 4.0,
da Wikimedia Commons
Nona classificata
Un pecheur rentre au port au
lever du jour à kerkennah di Skander zarrad, CC BY-SA 4.0,
da Wikimedia Commons
Decima classificata
Yedigöller Ormanlari di
Kecags, CC
BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Categoria Macro/Close
up
Prima classificata
A deer in the mist di
MicheleIlluzzi, CC BY-SA 4.0,
da Wikimedia Commons
Seconda classificata
Dudek chocholatý při krmení
mláďat di Luckhy86, CC BY-SA 4.0,
da Wikimedia Commons
Terza classificata
Empusa Pennata di Mkrc85,
CC BY-SA
4.0, da Wikimedia Commons
Quarta classificata
Vážka žlutavá di Lubomír
Dajč, CC
BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
Quinta classificata
Pheasant-tailed jacana in
flower di Anissheikh2647, CC BY-SA 4.0, via
Wikimedia Commons
Sesta classificata
Leaf-cutting cuckoo bees di
Kramthenik27, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Settima classificata
Baby mediterrenian chameleon
di Mkrc85, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Ottava classificata
Spotted deer di Dasrath
Shrestha Beejukchhen, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Nona classificata
Lineated barbet as caring
parent di Asker Ibne Firoz, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Decima classificata
Ledňáček na lovu di
Luckhy86, CC BY-SA 4.0, da
Wikimedia Commons
Dall’11 al 14 dicembre l’Università di Padova
ospiterà Foss4G-IT –
OSMit, l’evento dedicato al software geografico libero
e ai dati geospaziali aperti, co-organizzato dalle associazioni
GFOSSit e Wikimedia Italia. Il programma è online e può essere
consultato a questo link.
Il programma di Foss4G-IT – OSMit
Si parte l’11 dicembre con una giornata all’insegna dei
workshop. Sul sito dell’evento è disponibile la
lista di quelli attivabili: tra questi vi è anche un workshop
dedicato agli strumenti di mappatura su OpenStreetMap, condotto da
Alessandro Sarretta. La seconda giornata sarà dedicata invece alle
presentazioni: tra queste, anche il talk
“Approccio collaborativo per sostenere il miglioramento dei dati e
il potenziamento della qualità della mappa pedonale OSM,
utilizzando MapRoulette e la governance collaborativa – Milano
use-case” con Lorenzo Stucchi (Wikimedia Italia) e Chiara Angiolini
(TomTom) e “L’analisi GIS multi-criteriale opensource partecipata
per la definizione di buone pratiche agroecologiche: il caso delle
Urban Food Forests a Padova” con Daniele Codato e Denis Grego.
La giornata di venerdì 13 ospiterà invece i tavoli di
lavoro. Ci sarà la possibilità di confrontarsi con la
comunità di FOSS4G-IT su argomenti riguardanti i temi del software
a codice libero geografico o i dati aperti geografici come QGIS,
Pubblica amministrazione e software aperto, Open Data, o altri temi
attinenti proposti dai partecipanti.
OSMit 2024
Se durante tutta la durata dell’evento ci saranno presentazioni,
workshop e tavoli di discussione legati a OpenStreetMap, la
giornata di sabato 14 dicembre sarà interamente dedicata a
OSMit 2024, il ritrovo della comunità italiana di
OpenStreetMap. La giornata sarà strutturata in 3 differenti
momenti:
Conferenza con presentazioni
Discussione in gruppi su specifiche tematiche
Tavola rotonda di discussione
L’evento è gratuito e aperto a tutti, ma è necessaria
l’iscrizione per questioni organizzative:
Per chi partecipa online ci si può iscrivere su questa pagina,
mentre per chi desidera partecipare in presenza l’iscrizione è
a questo link. Chi lo
desidera può proporre anche un proprio contributo alla giornata,
scrivendo la proposta su questa pagina.
Il progetto Wiki Loves Sicilia 2024 si propone
di documentare la gastronomia siciliana e le pratiche di
agricoltura e preparazione del cibo. In questo viaggio, con l’aiuto
di wikimediani esperti, abbiamo imparato ad aggiungere contenuti su
Wikipedia, a migliorare le voci con informazioni affidabili, a
scattare e caricare foto sotto licenza libera su Wikimedia Commons
e aggiungere dati riutilizzabili su Wikidata.
In questo progetto, realizzato con il patrocinio della
Regione Sicilia, i wikimediani siciliani si sono ritrovati
in più province per una serie di eventi che includono laboratori di
contribuzione, visite ad aziende agricole e altre attività per
scoprire le tradizioni gastronomiche dell’isola. Ma non finisce
qui! Unisciti ai prossimi eventi di Wiki Loves Sicilia, e avrai la
possibilità di conoscere altri volontari impegnati sui progetti
Wikimedia, e di migliorare insieme i contenuti legati al patrimonio
siciliano.
Prossimo appuntamento a Palermo
Dopo essersi incontrati a
Catania per lavorare sui dolci, a
Caltanissetta per scoprire i grani antichi, e a
Ragusa per imparare tutto sui formaggi, i volontari si
ritroveranno per un’ultima tappa a Palermo, dal 13 al 15
dicembre.
Ci sarà un momento di conclusione dell’evento,
in cui si presenteranno anche i prossimi passi dell’iniziativa.
Verrà inoltre organizzata la formazione su
Wikipedia e sugli altri progetti Wikimedia per chi non ha
ancora fatto i suoi primi edit, e ovviamente non mancherà una tappa
dedicata al cibo, con delle passeggiate nel centro storico della
città alla ricerca dei migliori esempi di street food
palermitano.
L’8 e il 9 novembre scorsi la comunità italofona di Wikidata si
è ritrovata presso la Biblioteca “Dario Nobili” del CNR di Bologna
per i Wikidata Days 2024, un evento per festeggiare il 12°
compleanno di Wikidata con presentazioni, talk, laboratori
e tanti momenti di scambio e discussione.
L’idea dell’evento è sorta nell’ambito del GWMAB – Gruppo
Wikidata per Musei, Archivi e Biblioteche, prendendo spunto
dalle giornate realizzate in Portogallo l’anno scorso. Grazie al
sostegno di Wikimedia Italia, Wikimedia CH e del CNR di Bologna e
all’organizzazione di Léa Lacroix, è stato possibile far conoscere
i tanti progetti su Wikidata nati nel mondo GLAM alla più ampia
comunità Wikidata, con un’attenzione particolare alle
collaborazioni con gli altri progetti Wikimedia e con
OpenStreetMap.
Wikidata e le biblioteche
Il programma dell’evento, curato da Camillo Pellizzari e Léa
Lacroix, ha visto tra i temi principali quello delle
collaborazioni tra Wikidata e le biblioteche
accademiche. In Italia, e non solo, i bibliotecari
sono infatti una parte importante della comunità, poiché i dati
bibliografici (su autori, titoli, case editrici, luoghi di
pubblicazione, classificazioni e soggetti) sono una porzione
importante di Wikidata. I bibliotecari contribuiscono al progetto
con la loro esperienza professionale e condividendo i dati dei
cataloghi. Ma lo scambio è reciproco: la collaborazione con
Wikidata permette infatti ai cataloghi delle biblioteche di
connettersi agli altri dataset nella Linked Data cloud e
di arricchirsi grazie ai collegamenti e allo scambio di dati, che
costituiscono il punto di forza del formato LOD che è alla base di
Wikidata.
Un primo nucleo di interventi ha riguardato progetti di
allineamento tra cataloghi e Wikidata.
Tra le esperienze presentate vi sono quelle del gruppo di lavoro
del sistema bibliotecario dell’Università di
Firenze, che da anni ha allestito una “wikistazione” per
sostenere le collaborazioni tra l’ateneo e i progetti Wikimedia, e
quella della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, finalizzata
all’allineamento tra il Thesaurus del Nuovo Soggettario (ovvero i
termini utilizzati per classificare i libri dal punto vista del
contenuto) e l’ontologia di Wikidata, con un focus sui termini
usati nell’ambito della fotografia.
Elena Ravelli di ICCU
(Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche
italiane e per le informazioni bibliografiche) ha presentato il più
recente progetto di collaborazione tra il catalogo
SBN, il più grande catalogo collettivo nazionale a cui
partecipano quasi 7000 biblioteche di ogni tipologia in tutte le
regioni, e Wikidata, che ha permesso
l’arricchimento di un primo campione di oltre 16mila autori grazie
a dati biografici estratti da Wikidata.
All’authority control è stato dedicato anche
l’intervento di Stefano Bargioni sull’esperienza
della Biblioteca della Pontificia Università della Santa
Croce di Roma, che adottando il software gestionale open
source Koha ha potuto beneficiare della libertà di modificare
l’applicativo e realizzare tool e gadget basati su Wikidata,
disponibili sia per i catalogatori nell’interfaccia di
catalogazione sia per gli utenti finali nell’OPAC.
Alessandro Marchetti ha presentato invece gli
ultimi sviluppi in Italia e in Svizzera della riconciliazione con
Wikidata degli autori di produzioni scientifiche, come sviluppo del
progetto WikiCite, che ha dato modo di confrontare
come differenti situazioni istituzionali influenzino anche le
scelte nella produzione e nel trattamento dei dati.
Altri progetti hanno riguardato invece la strutturazione di
dati per l’import in Wikidata, che consente di
rendere un set di dati disponibile nel web, collegato ad altri e
interrogabile tramite query SPARQL. In questa tipologia di progetti
si possono collocare quelli relativi a Le riviste di
biblioteconomia italiane in Wikidata, presentato da
Alessandra Moi, Andrea Marchitelli e Carlo
Bianchini e il progetto di import in Wikidata della
Bibliografia italiana delle biblioteche, del libro e
dell’informazione, presentato da Roberta Licitra,
Cecilia Checchi e Carlo Bianchini.
Interrogare dati strutturati permette nuove
ricerche e nuove scoperte, perché rende possibile collegare dati e
fonti in modo nuovo: lo ha illustrato Alessio
Ionna con l’intervento sulle Possibili applicazioni di
Wikidata al fenomeno delle committenze artistiche: il Wikiproject
Buonaccorsi, una ricerca in campo storico-artistico che trae
vantaggio dalla strutturazione delle informazioni, disseminate in
diverse fonti (fotografiche e documentali, digitali e cartacee),
usando Wikidata come collettore di dati e collegamenti con
Wikipedia e Wikimedia Commons.
Il progetto LibMovit. Studiosi,
libri, idee in viaggio nell’Italia del
XVIIIsecolo si basa su un recente strumento
messo a disposizione della comunità, Wikibase
Cloud, che permette di creare
un’istanza di Wikibase dedicata a una specifica porzione di dati o
ambito del sapere. Il progetto, che vede la collaborazione di
ricercatori delle università di Pavia e Bologna, è
dedicato a convertire in dati strutturati e quindi interrogabili le
informazioni fornite dai viaggiatori stranieri nei testi sulle
biblioteche italiane visitate.
Il ruolo di Wikidata come hub e collegamento (termini ricorrenti
nelle presentazioni) tra progetti, database e discipline diversi è
stato valorizzato anche grazie agli interventi sulle
intersezioni tra dati geografici, mappe, OSM e
Wikidata per la mappatura del patrimonio culturale
(Ilaria di Cocco, Dati open per il patrimonio
culturale dell’Emilia-Romagna;Klaus Werner,
Mappare il patrimonio culturale con OpenStreetMap e
Wikidata).
Si è parlato anche degli ultimi sviluppi di Wikifunctions e
Abstract Wikipedia (Luca Martinelli), di etica e
femminismo dei dati (Valentina Bazzarin), di open
data e open access in Svizzera (Ilario Valdelli),
della qualità e completezza dei dati di Wikidata (Marco
Montanari).
Nei laboratori sono stati approfonditi diversi
aspetti pratici, quali l’organizzazione, pulizia dei dati e la
riconciliazione mediante OpenRefine (Luca
Martinelli); metodi di reperimento e sistemazione dei dati
imprecisi o privi di riferimenti presenti in Wikidata
(Camillo Pellizzari); le query SPARQL per estrarre
e visualizzare i dati (Horcrux); le modalità di
inserimento di dati geografici in Wikidata e l’importanza dei
collegamenti tra Wikidata e OpenStreetMap (Alessio Melandri).
Il dettaglio dei contributi, le presentazioni e le registrazioni
di tutti gli interventi in Sala centrale sono disponibili
sulla pagina dell’evento,
grazie all’ottimo supporto tecnico dello staff della
Biblioteca “Dario Nobili” che ha riservato una
straordinaria accoglienza ai partecipanti ai Wikidata Days.
I Wikidata Days di Bologna si sono chiusi con la torta e gli
auguri a Wikidata e nuovi appuntamenti per incontrarsi ancora: il
5-6 giugno 2025 si svolgerà infatti presso
l’Università di Firenze un convegno
suWikidata e la
ricerca, organizzato da un comitato scientifico
internazionale col sostegno di Wikimedia Italia e Università di
Firenze.
È possibile aderire con proposte di paper, lighting talk e
poster fino al 9 dicembre, a partire dalla
pagina del
convegno.
Wikidata Days in Svizzera
Wikimedia Svizzera, che ha contribuito all’evento, ha annunciato
l’organizzazione dei prossimi Wikidata Days in Svizzera. L’evento
si rivolgerà a bibliotecari, ricercatori e tecnici
dell’informazione per analizzare il problema
dell’eterogeneità dei sistemi di
catalogazione.
Bisogna dire che i giudici italiani sono coerenti.
Anche nella causa per l’uso non autorizzato dell’immagine del duca
d’Este su un aceto balsamico, la corte d’appello di Bologna
ha dato ragione al ministero della Cultura: non importa se le
immagini sono di opere ovviamente fuori copyright, e non importa
nemmeno se sono semplici immagini e non gli originali: se la vuoi
usare per scopi commerciali, devi avere l’autorizzazione relativa
(e immagino sganciare soldi, che ce n’è sempre bisogno). Per
fortuna io non ho scopi commerciali né diretti né indiretti, quindi
posso lasciare l’immagine incriminata.
Avrei forse capito se l’autorizzazione fosse necessaria per
evitare usi distorti, anche se si potrebbe partire con una
discussione sulla possibilità o meno di parodia. Ma non pare il
caso, visto che si afferma che questi beni, una volta usati per
lucro, perderebbero il loro valore come beni riconosciuti e
protetti dalla legge. Ma questo, almeno a mio parere, dovrebbe
allora valere anche per gli usi non a fini di lucro. Peggio ancora,
il Codice dei Beni Culturali nasce (lo dice esso stesso) per
“preservare la memoria della comunità nazionale e del suo
territorio e promuovere lo sviluppo della cultura”, in accordo
all’articolo 9 della Costituzione.
Continuo a pensare che se questa è l’idea del MiC almeno siano
coerenti e vietino tutti gli usi pubblicitari del patrimonio
culturale italiano, a partire
dai loro. Mi chiedo solo quando qualcuno verrà a bloccare l’uso
di quelle immagini su Wikipedia, visto che la licenza prevede il
riuso commerciale e – fatto salvo per le opere fotografate per Wiki
Loves Monuments – non mi pare proprio sia stata richiesta
un’autorizzazione e qiundi non importa se quelle immagini sono solo
per motivi di studio e ricerca.
Purtroppo pare che Totò Schillaci abbia avuto una
recidiva del tumore al colon che l’aveva colpito. Purtroppo la
mamma dei cretini è sempre incinta, e un utente anonimo oggi alle
15 aveva modificato la voce di Wikipedia sul protagonista di Italia
90, indicandone la morte. La falsa notizia è stata tolta un paio
d’ore dopo da un altro utente anonimo, non prima che Repubblica
scrivesse ” Addirittura il profilo di Wikipedia, come spesso
accade, aveva proposto un aggiornamento di pessimo gusto
annunciando la scomparsa nel 59enne proprio in data 8 settembre
2024.” (sì, la frase non ha senso: se il vandalo ha scritto oggi e
l’articolo è di oggi, specificare la data non serve a nulla).
L’utente che ha inserito la morte di Schillaci è un siciliano
non meglio identificabile, almeno con le informazioni pubbliche che
io come tutti voi ho a disposizione. Invece si sa qualcosa di più
dell’utente che ha tolto la data di morte, come potete vedere
dall’immagine: si connetteva dalla sottorete pubblica del
Messaggero, e presumibilmente è un giornalista. Per quel poco che
può valere, voglio ringraziarlo pubblicamente.
Per la quarta volta la Wikimedia Foundation
non è stata accettata come membro osservatore WIPO. (Ne avevo già parlato
due anni fa, quando si era provato a chiedere di entrare come
osservatori i capitoli nazionali).
Per la quarta volta il veto è arrivato dalla Cina.
Direi che non c’è molto da aggiungere.
Mi ero perso
questo articolo di Capodanno, che raccontava di come un giudice
di pace aveva dato torto alla SIAE in un caso in cui una rivista
aveva pubblicato delle foto di opere di autori contemporanei ed era
stata citata a giudizio perché non aveva pagato i diritti: nella
sentenza il giudice ribadì “il principio cardine della legge sul
diritto d’autore, in base alla quale è libero l’uso delle immagini
ai fini di critica e discussione e purché non costituiscano
concorrenza all’utilizzazione economica”.
Mi ero anche perso (occhei, non è che io legga più tanto spesso
Repubblica
questo articolo di mercoledì, dove il gruppo GEDI si lamentava
perché giornali e riviste – ma anche i musei – faticavano a sapere
quanto avrebbero dovuto pagare per l’uso delle immagini, e in caso
il preventivo arrivasse era esorbitante.
Ora il presidente della SIAE Salvatore Nastasi
annuncia che le cose cambieranno: «Nei prossimi giorni proporrò
al consiglio di gestione della Società una soluzione che rispetti
le norme ma che consenta di mettersi al passo coi tempi e in linea
con le principali nazioni europee. Va infatti ricordato che in
Europa ogni Paese tratta questo argomento in maniera diversa».
Vi siete accorti di una cosa? Nastasi non parla di legge, anche
perché come citato sopra il testo della legge parla chiaro: se stai
raccontando di una mostra (diritto di cronaca) e usi immagini che
non possono in pratica essere rivendute come opere tu
hai il diritto di farlo. Nastasi sta dicendo che la SIAE
eviterà benignamente di chiederti i soldi, sapendo che citarti a
giudizio porterebbe a un’ulteriore sconfitta: certo, tra un paio
d’anni, ma gente tignosa ce n’è sempre. D’altra parte il punto è
sempre lo stesso: gli autori, soprattutto quelli piccoli che
ottengono solo le briciole e presumibilmente non vedono nemmeno un
euro di questi diritti che finiscono in un unico calderone, ci
guadagnano di più a essere citati in un articolo di giornale o
nella brochure di una mostra oppure nel modo che la SIAE persegue
attualmente?
D’altra parte è una vita che Wikipedia aspetta un decreto
attuativo che specifichi quale sia la bassa risoluzione per le
immagini ammessa dal comma 1 bis dell’articolo 70 della legge sul
diritto d’autore, e immagino che finché ci sarà la SIAE potremo
aspettare ancora una vita o due…
L’anno scorso un tribunale italiano
aveva stabilito che Ravensburger doveva pagare i diritti allo
stato italiano se voleva fare un puzzle raffigurante l’Uomo
vitruviano di Leonardo, insomma la figura che vedete su una faccia
delle italiche monete da un euro. Come fa a essere sotto copyright?
forse vi chiederete. La risposta è “no, non è ovviamente sotto
copyright né lo è mai stato, ma lo Stato Italiano nella sua
indefinita saggezza ha deciso che le opere da esso possedute non
possano essere riprodotte se non pagando al suddetto Stato un
balzello. Tutto questo è stato definito più volte da governi di
ogni colore, dal Codice Urbani sotto la buonanima di Berlusconi
all’Art Bonus di Franceschini fino agli attuali tariffari
(oggettivamente da poco ridotti di costo) con l’attuale
governo.
Qualche giorno fa, però, una corte di Stoccarda
ha sostanzialmente detto “In Italia potete fare quello che vi
pare, o quasi: ma non potete pretendere che all’estero si rispetti
quella che è una vostra legge locale”. Qual è il risultato pratico?
Lo Stato (cioè noi) ha sprecato un po’ di soldi per fare un’inutile
causa in Germania; Ravensburger e gli altri si limiteranno a non
vendere in Italia cose basate su opere d’arte italiana; e noi
rimarremo cornuti e mazziati. Ma forse è tutta una manovra
dell’attuale governo, che si sta fregando le mani all’idea che
potrà autarchicamente rafforzare l’italica filiera con produttori
nostrani felicissimi di pagare per presentare alla nazione la
nostra passata ingegnosità.
Perlomeno dal punto di vista di Wikipedia siamo un po’ più
tranquilli: l’immagine dell’Uomo vitruviano può tranquillamente
restare, e se noi italiani non potremo usarla a fini commerciali
qualcuno se ne farà una ragione.
(l’immagine è ovviamente un particolare dell’Uomo
vitruviano, vedi
Wikimedia Commons)
Piergiovanna Grossi è un’attiva wikipediana. Ma è anche
una professoressa a contratto e una ricercatrice, e le è capitato
di scrivere un articolo per una rivista locale di
settore un articolo sull’attribuzione dell’ex
Oratorio del Montirone ad Abano Terme, il tutto corredato con
due foto che lei stessa aveva scattato all’archivio di Stato di
Venezia. Bene: dopo aver pagato 16 euro per un preventivo, ha
ancora dovuto sborsare 2 (due) euro per il privilegio di poter
scattare e utilizzare due foto… oltre ad altri 32 euro di marche da
bollo.
Il tutto è stato
raccontato la scorsa settimana sul Corriere da Gian Antonio
Stella (al quale ho un solo appunto da fare. Mi sta anche bene che
“è ovvio che l’Italia ha il dovere di mettere dei paletti contro
l’uso di foto del David di Michelangelo con delle sneakers ai piedi
o del Bacco di Caravaggio con uno smartphone in mano”: ma per
quello basta un decreto ministeriale che vieti un uso non
documentale delle immagini.) La beffa ulteriore, se ci fate caso, è
che dopo tutto il carteggio burocratico con la direttrice i soldi
che vanno all’archivio di Stato sono appunto 2 (due) euro: il resto
se l’è intascato lo Stato. Insomma, non siamo neppure alla storia
del
puzzle Ravensburger (che finirà con il produttore che dovrà
pagare la sanzione e si guarderà bene da produrre altri puzzle con
opere site in Italia, e lo stesso capiterà con tutti gli altri:
ottima pubblicità per il nostro patrimonio artistico).
Il ministro Sangiuliano che ha emanato il decreto in questione è
solo l’ultimo esponente di una classe politica che è convinta non
solo che il patrimonio artistico sia un bancomat, ma anche appunto
che si pubblicizzi da solo. Beh, non penso che l’ex Oratorio del
Montirone sarà molto visitato, pubblicità o non pubblicità: ma
proprio per questo è ancora più sconcertante la richiesta di un
balzello…
Siamo in estate, non che molto da dire, e così
Carlo
Lottieri spiega sul Giornale (nella sezione”spettacoli”, chissà
come mai) “Così
Wikipedia è diventata il baluardo del conformismo“. Bisogna
ammettere che Lottieri di conformismo ne sa a pacchi: il suo
articolo precedente di domenica si intitola infatti
“Così l’università è diventata il regno del conformismo”.
Quando hai un bel titolo, perché non sfruttarlo? Io avrei altro da
fare, ma sono in spiaggia, fa caldo e per rilassarmi un po’ mi sono
messo a commentarlo punto per punto.
Cominciamo da quando Lottieri racconta che
Wikipedia nacque da un’intuizione libertaria. Secondo lo stesso
Jimmy Wales, che aveva seguito un corso di teoria economica alla
Auburn University, fu la lettura dell’economista Friedrich A. von
Hayek a suggerire l’ipotesi di questa enciclopedia on line di cui
tutti possono essere i redattori.
Beh, non è proprio così. Inutile dire che l’articolo non
contiene nessuna fonte per le affermazioni di Lottieri: mica sta
scrivendo Wikipedia. La fonte ve l’ho
trovata io e dice questo: “to share and synchronize local and
personal knowledge, allowing society’s members to achieve diverse,
complicated ends through a principle of spontaneous
self-organization.” e ancora “When information is dispersed (as it
always is), decisions are best left to those with the most local
knowledge.” Tenete a mente soprattutto questa seconda frase. (poi
io sono convinto che quella di Jimbo sia una razionalizzazione a
posteriori: ricordate che Wikipedia nasce come testo di lavoro per
scrivere Nupedia che era tutto meno che autoorganizzata).
Nella più classica costruzione di una polemica, Lottieri
continua scrivendo
Sul piano delle informazioni si può essere ragionevolmente
fiduciosi che Wikipedia sia credibile, anche grazie al costante
monitoraggio riservato a ogni lemma.
(Occhei, i lemmi sono in un dizionario e non in un’enciclopedia,
ma evidentemente il liberismo non fa di queste distinzioni) Non che
questo sia vero, come sanno tutti quelli che passano tanto tempo su
Wikipedia, ma tant’è. Ma poi continua
È però evidente che tra gli autori (tra coloro che
spontaneamente e senza remunerazione redigono i testi) è più facile
trovare professori di scuola media invece che artigiani,
bibliotecari invece che imprenditori, e via dicendo. I primi hanno
più tempo a disposizione e spesso si ritengono adeguatamente
competenti per trattare questioni di diritto, metafisica,
sociologia, letteratura spagnola e via dicendo.
E qui si cominciano a vedere le sue fallacie. Per chi “è
evidente”? Perché “è evidente?” Dando per buono che imprenditori e
artigiani abbiano meno tempo a disposizione perché loro devono
tenere in piedi l’economia – ma vi assicuro che gli imprenditori ci
sono eccome, solo che l’unica conoscenza locale che paiono avere è
quella del loro CV, e per le regole di Wikipedia in lingua italiana
i CV vengono cancellati senza se e senza ma – cosa gli fa dire che
loro si ritengono competenti per tutto? Il tutto senza contare che
Wikipedia da buona enciclopedia raccoglie e organizza informazioni
altrui, e le competenze per organizzare l’informazione sono molto
più semplici da ottenere rispetto a quelle per crearla.
Continuiamo:
Ne discende che nelle voci dell’enciclopedia on line troviamo
uno spirito da servizio pubblico che si converte in un costante
tono censorio verso ogni eresia.
Lo spirito da servizio pubblico c’è, tranne per i tanti che
ritengono di essere gli unici depositari della verità. Perché si
convertirebbe in un tono censorio contro ogni eresia? Non ci è dato
di sapere. Forse è perché
Va aggiunto, inoltre, che esiste un comune sentire che unisce la
maggior parte di quanti hanno letto, nel corso della loro vita, un
certo numero di libri.
Me l’avevano sempre detto, che leggere troppi libri fa male. La
conoscenza locale si ottiene lavorando, mica leggendo! Non può poi
mancare il solito attacco frontale:
[…] Si tratta dei cosiddetti «amministratori», a cui spetta
anche di decidere in un senso o nell’altro quando le divergenze si
fanno ingestibili. Basta leggere qualche discussione per
comprendere che si tratti per lo più di quella piccola porzione
della popolazione che, in Italia, quando al mattino va all’edicola
compra La Repubblica oppure il Corriere della Sera.
Per quanto mi riguarda, ho smesso da un pezzo di leggere
giornali italiani se non per qualche articolo come questo che mi
viene segnalato; ho sentito qualche altro sysop e sono tutti sulla
mia linea, anche perché quando uno ha lavorato un po’ su Wikipedia
comincia a non fidarsi troppo di qualunque notizia.
Il risultato è una mancanza di senso critico che rende Wikipedia
assai sbilanciata a favore di talune posizioni.
Altra affermazione apodittica. Anche ammettendo il percorso
logico “essendo gente che legge solo Repubblica e Corriere le loro
posizioni sono spiaggiate sul mainstream”, faccio notare come gli
amministratori (il soggetto della frase) non scrivono loro le voci
su Wikipedia. Possono al più cancellare una voce, ma non piegarla
eliminando “il senso critico “. Lo fanno in maniera coercizione
bloccando chi non la pensa come loro? Se fosse vero basterebbe fare
esempi espliciti. Ricordo che la storia di una voce è pubblica, e
si può vedere se c’è una campagna sistematica.
L’unico punto su cui devo dare ragione sul metodo a Lottieri è
quello che scommetto gli sta davvero a cuore (oppure su cui gli è
stato chiesto di scrivere): quando cioè si lamenta che nella voce
sul riscaldamento globale
In effetti, le tesi di quanti sono scettici al riguardo (premi
Nobel inclusi) non sono citate: neppure per essere contestate.
Almeno a ora,
la sezione relativa non riporta nulla al riguardo, e la cosa è
contro le linee guida che richiedono che opinioni in minoranza
siano riportate con il rilievo corretto (minimo in questo caso,
perché la minoranza è minima, ma non nullo). Al solito, Lottieri si
è però dimenticato di fare nomi e ho dovuto mettermici io. A parte
la vecchia storia di Rubbia, immagino si riferisca a
John Clauser. (Apprezzerete che io abbia scelto un link a suo
favore, spero). Non so se notate un fil rouge: Rubbia è un fisico
teorico delle particelle, Clauser un fisico quantistico.
Sicuramente grandi scienziati, ma la loro “conoscenza locale” della
climatologia sarà probabilmente superiore alla mia ma ben lontana
dall’essere a tutto campo. E allora che diavolo c’entra Hayek?
Chiaramente nulla, almeno per quanto riguarda l’organizzazione di
Wikipedia. Spero che a quella voce si aggiunga un capoverso sulle
attuali teorie non mainstream, che tra l’altro mi pare siano
cambiate nel tempo (prima si negava il contributo antropico, ora si
dice che non è rilevante e comunque le variazioni che vediamo sono
normali se non ci si limita a considerare gli ultimi 150 anni), ma
anche se ci sarà non credo Lottieri sarà contento.
Termino pensando male e facendo peccato. Ora il Giornale è della
famiglia Angelucci che ha sicuramente il dente avvelenato contro
Wikipedia. Aspettatevi tanti altri articoli così.
Aggiornamento: mi è stato fatto notare che esiste la voce
Controversia sul riscaldamento globale. Se però non c’è un
collegamento diretto dalla sezione della voce principale,come fa il
povero utente (io o Lottieri) a trovarla?
Alessandro Orsini è un professore universitario (associato, se
non sbaglio). È anche un opinionista televisivo, soprattutto a
partire dall’invasione russa dell’Ucraina dove la sua posizione
nettamente filorussa lo ha fatto diventare un invitato seriale. Un
corollario di questa presenza è che i suoi fan hanno cominciato a
cercare di inserire la voce su di lui in Wikipedia.
Ma nell’edizione italiana di Wikipedia ci sono varie regole per
definire se qualcosa o qualcuno è da ritenere rilevante e quindi
inseribile nell’enciclopedia (nel gergo wikipediano si dice
“enciclopedico”). Essere professore universitario non rende
enciclopedici. Essere un opinionista televisivo meno ancora. La
situazione rimase in stallo finché non si notò che nel 2010 Orsini
vinse il Premio Acqui Storia con il suo libro Anatomia delle
Brigate Rosse. Il Premio Acqui è considerato rilevante, e per
traslato anche Orsini è considerato rilevante come
scrittore. Le informazioni sulla sua carriera universitaria e
la sue apparizioni televisive appaiono, ma come aggiunte
secondarie.
Il problema è che il suddetto libro ha avuto in gran maggioranza
recensioni molto negative, che quindi occupavano buona parte del
contenuto. (Io non l’ho letto, quindi non posso dare un giudizio
personale). Questo non piaceva a Orsini e ai suoi fan, e la voce in
tutto questo tempo è stata un campo di battaglia. Siamo arrivati al
doxxing, con un amministratore che dalle pagine del Fatto
Quotidiano è stato accusato da un utente di nickname Gitz6666 di
essere in conflitto di interessi su quella voce e si è dimesso; e
giovedì scorso un avvocato ha mandato una PEC a Wikimedia Italia
(che non c’entra un tubo, ma questo concetto non è mai entrato in
testa) chiedendo la cancellazione, entro 5 giorni, della voce su
Orsini che ritiene diffamatoria e informazioni sull’identità di sei
amministratori di wikipedia in italiano per sporgere querela per
diffamazione nei loro riguardi.
Io non dovrei essere tra i sei, considerando che non sono stato
contattato: d’altra parte l’unica modifica che avevo fatto su
quella voce era stata sostituire alla frase
In occasione della partecipazione di Orsini ad alcune
trasmissioni televisive, suscitano diverse polemiche alcune sue
posizioni sul tema dell’invasione russa dell’Ucraina del 2022, in
particolare l’idea che l’espansione a est della NATO sia concausa
della guerra e le critiche alla debolezza dell’Unione europea.
la frase
Durante l’invasione russa dell’Ucraina del 2022 suscitano
diverse polemiche alcune sue posizioni, in particolare l’idea che
l’espansione a est della NATO sia concausa della guerra.
dove non mi pare di vedere diffamazione. AD ogni modo Wikimedia
Italia ha detto di contattare la Wikimedia Foundation, cosa che
immagino sia stata fatta perché in questo momento la
voce è oscurata e protetta, e immagino non tornerà mai su
Wikipedia in lingua italiana se non per circostanze eccezionali,
tipo l’assegnazione del Nobel per la pace. Non ho idea se ciò che
voleva Orsini fosse proprio la cancellazione e non la sostituzione
con un testo agiografico: ad ogni modo è andata così, e Wikipedia
sopravviverà anche senza dire a tutti chi è Alessandro Orsini.
Aggiornamento: (12:15) E invece no, a
quanto pare a Orsini bastava che il mondo non sapesse
attraverso Wikipedia delle stroncature del suo libro. È chiaro che
io non capirò mai la mente umana.
Nel silenzio generale, il mese scorso è stato approvato il D.M. 161
11/04/2023 del Ministero della Cultura, “Linee guida per la
determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi
per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e
luoghi della cultura statali”. In pratica, se uno vuole fare una
foto di un monumento (non sotto copyright), magari per una
pubblicazione accademica, dovrà sganciare un discreto numero di
euro al MiC: euro che forse – ma non è detto – basteranno per
pagare i funzionari che dovranno far girare tutta la trafila
burocratica. Il tutto cercando di convincere il volgo che ce lo
chiede l’Europa, dato che il decreto recita tra l’altro
«VISTA la Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa all’apertura dei dati e al
riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico e che modifica le
direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, recepita mediante il decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 177»
Il tariffario è assurdo: non lo diciamo noi di Wikimedia Italia
ma l’Associazione Italiana Biblioteche,
che nota come per esempio chiedere copie digitali costi il
triplo delle stesse copie (nel senso di avere la stessa
risoluzione) stampate. Ma soprattutto è un ulteriore tassello per
impedire di pubblicizzare i nostri beni culturali. Questo non lo
pensa solo il governo: in questi giorni il tribunale di Firenze
ha sentenziato che non si può usare l’immagine del David di
Michelangelo senza autorizzazione e senza aver pagato i diritti
(occhei, in questo caso il tariffario dice 20000 euro: il
funzionario se lo pagano), con un ulteriore esborso di 30000 euro
per l’editore che «ha insidiosamente e maliziosamente accostato
l’immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così
svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore
simbolico ed identitario dell’opera d’arte ed asservendo la stessa
a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale». Non che io
capisca perché quei soldi debbano andare alla Galleria
dell’Accademia e non a un eventuale fondo statale, ma tant’è.
Mi chiedo solo cosa faranno adesso con la copia della Fontana di
Trevi
costruita in Brasile… altro che Totò!
Questo è un frammento della voce attuale di Wikipedia sulla
rete
tranviaria di Nizza. Tutto bene, se non fosse per il fatto che
la linea 2 è in funzione dal 2019 (sono un po’ più veloci di noi,
mi sa).
Non è la prima volta che mi è capitato di trovare voci create e
poi lasciate lì a vegetare senza aggiornamenti. È ovvio che nessuno
è obbligato a mantenere a vita una voce: però casi come questo
fanno capire che non bisogna mai dare per scontato quello che si
trova scritto…
(L’altra faccia della medaglia è la cancellazione immediata dei
cosiddetti “recentismi”, aggiunte su fatti del giorno che tra
qualche mese saranno giustamente considerati inutili…)
Per comprensibili motivi, io ricevo la rassegna
stampa su Wikipedia e Wikimedia. È un po’ sgarrupata, nel senso che
devo scartare tutti gli articoli che hanno semplicemente una foto
(giustamente) accreditata a Wikimedia Commons, ma va bene così. In
genere trovo dai 10 ai 20 articoli: oggi ce n’erano ben 71, quasi
tutti dedicati al nuovo “portale enciclopedico” russo presentato
ieri e quasi tutti copiati più o meno verbatim
dal lancio Adnkronos. Le testate più oneste lo segnalano, le
altre fanno finta di niente.
Gli unici fuori dal coro sono stati quelli di Tag43, che
hanno
intitolato “La Russia prende le distanze da Wikipedia, ecco
Znanie”. Naturalmente Znanie in russo significa “conoscenza”,
esattamente come l’inglese Knowledge. Solo che evidentemente lo
stagista di Adnkronos ha preso un lancio in lingua inglese, l’ha
tradotto e non ha pensato che forse i russi non avevano usato un
nome inglese per il loro portale; e tutti gli altri stagisti dei
quotidiani hanno copincollato il lancio d’agenzia senza farsi
troppe domande, che presumo non siano compatibili coi miseri
emolumenti che prendono. A questo punto però tanto valeva fare gli
autarchici e scrivere che si chiamerà “Conoscenza”, no?
Io non ho nessuna idea di quale sia la linea editoriale di
Tag43, ma ho molto apprezzato come hanno trattato questa
notizia.
Emily St. John Mandel è una scrittrice canadese nota
per i suoi libri Stazione Undici (credo che ne abbiano fatto
anche una serie tv, ma è un campo in cui non mi addentro) e Mare
della tranquillità. Qualche giorno fa ha
scritto un tweet chiedendo chi poteva intervistarla… per poter
far sì che nella sua voce
su Wikipedia (in inglese, in quella italiana non era nemmeno
scritto che era sposata) che era divorziata. In qualche ora Slate
ha
pubblicato un’intervista dal titolo che dice “Un’intervista del
tutto normale con la scrittrice Emily St. John Mandel” e catenaccio
“Solo per chiedere all’autrice di Station Eleven e Sea of
Tranquility che ha fatto quest’anno, tutto qui”. E in effetti la
voce di en.wiki è stata immediatamente aggiornata. In realtà non
serviva nemmeno l’intervista: almeno fino ad oggi, la spunta blu di
Twitter è una verifica dell’identità della persona, e quindi la
prima fonte che attestava il divorzio è stato quel tweet,
sostituito poi dal link all’intervista.
Per quanto la cosa vi possa sembrare stupida (e sicuramente è
sembrata tale a Mandel), Wikipedia funziona così. Un’affermazione
deve avere una fonte affidabile, e nessuno può sapere se l’utente
che scrive “Emily St. John Mandel è divorziata” è effettivamente
Mandel o qualcuno che vuole fare uno scherzo. Leggendo il thread su
Twitter, però, mi sa che il contributore che le ha detto che
“occorreva una fonte comparabile” ha fatto un po’ di casino: come
ho scritto, quello che conta è una fonte affidabile che si possa
citare con tranquillità.
Un’ultima curiosità: nell’intervista a Slate, Mandel scrive che
vedersi ancora definita sposata (si è separata ad aprile dal
marito, e il divorzio è stato concesso a novembre) “was kind of
awkward for my girlfriend”. Ieri BBC ha scritto un
articolo in cui affermavano che si erano offerti anche loro di
intervistare Mandel. Com’è, come non è, nel loro articolo quella
frase non c’è :-)
Adam Atkinson mi ha segnalato questo articolo
della BBC in cui si racconta come per dieci anni la voce
inglese sul tostapane indicava come suo inventore una persona
inesistente di nome Alan MacMasters. A quanto pare, durante una
lezione universitaria il professore sconsigliò gli studenti di
usare Wikipedia come fonte, facendo l’esempio della voce “toaster”
dove si diceva che l’inventore era un tale Maddy Kennedy. L’Alan
MacMasters reale era uno di quegli studenti, e un suo amico
modificò la voce indicando come inventore appunto “Alan Mac
Masters”. Il guaio è che poco dopo il Daily Mirror osannò
MacMasters come un grande inventore scozzese, e le citazioni
continuarono a crescere, anche perché MacMasters creò una voce sul
suo inesistente omonimo con tanto di fotografia (ovviamente
ritoccata per farla sembrare ottocentesca). MacMasters fu
addirittura proposto come personaggio da raffigurare nelle
banconote scozzesi, anche se a quanto pare la Bank of Scotland ebbe
dei dubbi e lo scartò. Solo poco tempo fa un ragazzino ebbe dei
dubbi sulla biografia di MacMasters e mise in moto le squadre
wikipediane di verifica, che hanno scoperto la burla.
nel 1897 Carlos Decambrè, inventò il ”tost” che si diffuse in
tutta europa. questo tost veniva fatto con del pane normale,
prosciutto,tacchino e diversi formaggi. Esso garantiva un buon
pranzo per i nobili perchè all’epoca i salumi e i formaggi era cibo
considerato da ricchi.
Peccato che le uniche occorrenze in rete del cognome Decambrè
siano del tipo “Carlos Decambrè inventò il tostapane”, ovviamente
senza fonti perché scopiazzature da Wikipedia senza chiaramente
citarla. Questo a parte il fatto che se mi fosse capitato di vedere
un’aggiunta sgrammaticata simile l’avrei cassata al volo perché
senza fonti attendibili…
Premetto che ho molti amici traduttori :-) (e un paio di loro
sono anche tra i miei ventun lettori… ma ovviamente non sto
parlando di loro). In un libro (tradotto dall’inglese) che ho
appena letto ho trovato a un certo punto scritta l’espressione
“contrafforte volante”. Ora, come penso molti di voi io so più o
meno cos’è un contrafforte, ma l’ultima volta che ne ho sentito
parlare sarà stato all’inizio del liceo, cioè 45 anni fa (per me
che sono anzyano: your mileage may vary). Tra l’altro manco sapevo
come si dica in inglese “contrafforte”: sono andato a cercare e ho
scoperto che è “buttress”. Una rapida ricerca mi ha fatto trovare
la voce di Wikipedia in inglese “flying buttress”: l’ho aperta, ho
controllato qual è il nome della versione in italiano e ho scoperto
che si dice “arco rampante”. (Ok, a questo punto il mio neurone ha
tirato fuori il disegnino dei contrafforti ad archi rampanti, ma
questa è un’altra storia)
La mia domanda è semplice. È possibile che un traduttore trovi
scritto “flying buttress”, traduca parola per parola, e non si
renda conto che il sintagma in italiano non ha senso? È possibile
che non gli sia mai venuto in mente di usare Wikipedia in questo
modo non standard ma utilissimo per la terminologia tecnica? (E
comunque anche Wordreference riporta la
traduzione).
la visione strategica con la quale il Ministero
intende promuovere e organizzare il processo di trasformazione
digitale nel quinquennio 2022-2026, rivolgendosi in prima istanza
ai musei, agli archivi, alle biblioteche, agli istituti centrali e
ai luoghi delle cultura statali che possiedono, tutelano,
gestiscono e valorizzano beni culturali.
Ho letto
le linee guida per la circolazione e il riuso delle immagini, e
ho capito che la linea del MIC – “cacciateci i soldi” – non è
cambiata di una iota. La cosa peggiore è che il piano pare essere
un patchwork: le sue premesse sono assolutamente condivisibili, ma
nella fase di assemblaggio qualcuno ha ben pensato di disattendere
tali premesse per una presunta capacità di ottenere ricavi.
Tanto per essere chiari: non c’è nulla di male se il MIC vuole
creare e vendere degli NFT a partire dalle opere che ha in cura. Io
non riesco a capire perché uno vorrebbe mai avere un NFT, ma è
evidente che c’è gente che invece li vuole; e allora che li si
faccia e li si venda. Tanto quelli sono per definizione entità non
copiabili, o se preferite uniche. I problemi sono altri. Per
esempio,l’avere un sistema NC (non commerciale) per default sui
contenuti in pubblico dominio, cosa che è incompatibile con i
progetti Wikimedia e OpenStreetMap. Il tutto con una “licenza” (non
lo è, e anche nelle linee guida la cosa viene rimarcata) “MIC
Standard” che porterà a risultati parossistici. Mi spiego meglio.
Se qualcuno chessò negli USA pubblica una traduzione non
autorizzata del mio Matematica in pausa caffè, il titolare
dei diritti (Codice Edizioni) può contattare le autorità
statunitensi, bloccare la vendita e citare a giudizio il
malcapitato editore. Questo perché le leggi sul diritto d’autore
sono state (più o meno) armonizzate in tutto il mondo, e quindi i
diritti di sfruttamento economico sono tutelati ovunque. Ma se lo
stesso qualcuno usa commercialmente un’immagine del Colosseo con
l’etichetta – esplicita o implicita – “MIC Standard”, il ministro
può strillare quanto vuole ma non succederà nulla, perché dal punto
di vista delle autorità USA quell’immagine è nel pubblico dominio.
Insomma, gli unici eventuali guadagni arriverebbero dai nostri
compatrioti, mentre all’estero potrebbero fare quello che
vogliono.
Per quanto riguarda Wikipedia Commons, c’è persino una citazione
esplicita:
Il download di riproduzioni di beni culturali
pubblicati in siti web di terze parti non è sotto il controllo
dell’ente pubblico che ha in consegna i beni (ad es. le immagini di
beni culturali scaricabili da Wikimedia Commons,
realizzate “liberamente” dai contributori con mezzi propri per fini
di libera manifestazione del pensiero e attività creativa, e quindi
nella piena legittimità del Codice dei beni culturali). Rimane
nelle competenze dell’istituto culturale l’applicazione di
corrispettivi per i successivi usi commerciali delle riproduzioni
pubblicate da terze parti.
Rileggete questa frase. Ve la traduco in italiano corrente:
Wikimedia Commons viene trattata alla stregua di una vetrina
pubblicitaria dove l’unico lavoro da parte dello stato è farsi dare
i soldi da chi prende da lì del materiale. Come forse immaginate,
non è che la cosa ci piaccia più di tanto…
Ah: al MIC non piace proprio la CC0, la licenza che formalizza
il rilascio di un oggetto o un’informazione nel pubblico dominio.
Infatti (grassetto mio) si legge che
l’uso di dati e riproduzioni digitali del patrimonio culturale
per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero
o espressione creativa, promozione della conoscenza, che
non abbiano scopo di lucro diretto è libero per legge;
Quindi anche i metadati – a differenza per esempio di Wikidata,
dove tutti gli elementi presenti hanno licenza CC0 – sono sotto una
licenza di tipo NC. La digitalizzazione dei metadati è insomma
qualcosa che si può fare solo per offrirlo poi gentilmente al MIC
che sicuramente ci farà tanti soldi. Che gioia, vero?
Magari qualcuno si può chiedere perché l’anno scorso GQ ha pensato
di dedicare un
articolo a Stefania Rocca per il suo… quarantaseiesimo
compleanno. A parte Valentino Rossi, il 46 non è che dica molto,
non è mica il quarantadue! Se questo qualcuno è curioso, però,
magari dà un’occhiata all’URL dell’articolo e scopre che c’è
scritto “stefania-rocca-50-anni-rock”. In effetti, ricordare il
cinquantesimo compleanno ha molto più senso, su questo non ci
piove. E in effetti si fa in fretta ad andare sull’Internet Archive
e vedere che l’articolo originale
si intitolava “Stefania Rocca, i primi 50 anni di un’anima
rock”.
L’altra settimana, però, la signora Rocca e/o il suo agente
hanno deciso che il passato era passato, e quindi l’età della
signora Rocca è di soli 47 anni. Per posti come GQ ci devono essere
argomenti molto convincenti per fare riscrivere un articolo
pubblicato l’anno scorso; su Wikipedia la cosa potrebbe sembrare
banale ma in realtà è un po’ più complicata, come potete vedere. Mi
è stato riferito (ma potrebbe essere una malignità…) che l’agente
in questione ha mandato alla Wikimedia Foundation un codice fiscale
della signora Rocca dove risulta il 1975 come data di nascita… ma
il codice fiscale in questione corrisponde a un maschio e non a una
femmina.
Ad ogni modo, la signora Rocca non è certo l’unica persona a
cercare di inserire su Wikipedia una data di nascita diversa da
quella che era sempre stata considerata tale in passato. Il primo
caso che mi viene in mente è quello del mago Silvan (simsalabim!),
ma anche Elisabetta Sgarbi,
come già scrissi, afferma di essere nata nel 1965 come anche
riportato dalla Treccani: il talento della signora Sgarbi si
notava fin da ragazza, considerando che ha conseguito la laurea in
farmacia nel 1980… Avevo anche segnalato alla Treccani che nel sito
c’era stato uno scambio di caratteri, e il 1956 che è la data di
nascita della signora Sgarbi era diventato 1965, ma non mi hanno
mai risposto. Non so se Wikipedia abbia più errori della Treccani,
ma sicuramente correggerli è più semplice!
Probabilmente non ve ne sarete accorti, visto che la notizia è
passata solo
su Wired (dove il titolista fa ancora fatica a distinguere
Wikipedia da Wikimedia…) e
CorCom: per il terzo anno consecutivo la Cina ha bloccato
l’ingresso del movimento Wikimedia come osservatore in WIPO,
l’agenzia delle Nazioni Unite che ha lo scopo di incoraggiare
l’attività creativa e promuovere la protezione della proprietà
intellettuale nel mondo. Dopo due anni in cui Wikimedia Foundation
ha inutilmente cercato di essere accreditata, stavolta le richieste
sono state fatte da alcuni capitoli nazionali (Francia, Germania,
Messico, Svezia e Svizzera oltre all’Italia), e la richiesta esta
stata portata al Comitato Permanente sul Copyright e i Diritti
Connessi (SCCR) di WIPO. Niente da fare: come le altre volte,
la Cina ha dichiarato he anche i capitoli Wikimedia locali sono
complici nel diffondere disinformazione. Negli anni passati il dito
veniva puntato contro Wikimedia Taiwan, indicato come eterodiretto
dalla Foundation: quest’anno direi che non c’è nemmeno stato
bisogno per i cinesi di cercare di spiegare quale disinformazione
sul copyright cinese viene propagata da Svezia o Messico. A questo
punto Nicaragua, Bolivia, Venezuela, Iran e Russia hanno colto la
palla al balzo e fatto rinviare la decisione sull’accreditamento
per mancanza di unanimità.
Anche ammettendo che Wikimedia Taiwan faccia opera di
disinformazione assoldando persone che scrivano sulle varie
edizioni linguistiche di Wikipedia, resta il punto di partenza. Qui
stiamo parlando di un comitato che parla di copyright e diritti
connessi – cosa che ci ha sempre visti coinvolti come Wikimedia
Italia. Essere membri osservatori non ci avrebbe per definizione
dato il diritto di voto, ma ci avrebbe permesso di far sentire
meglio la nostra voce su temi di cui ci occupiamo da sempre. Invece
nulla da fare, e questo per ragioni prettamente politiche e
indipendenti dal tema istituzionale. Non che ci aspettassimo chissà
cosa, ma resta un peccato…
Su Valigia Blu, Bruno Saetta spiega
la decisione della Corte di Giustizia europea su una richiesta
da parte della Polonia (fatta nel 2019…) a proposito dell’articolo
17 dell’ormai famosa direttiva copyright. La Polonia chiedeva che
fossero abolite le norme per cui i fornitori di servizi digitali
devono attivarsi per fare in modo che nei loro servizi non siano
disponibili opere in violazione dei diritti d’autore, o in
subordine, se queswto non fosse tecnicamente possibile perché
l’articolo non sarebbe rimasto in piedi, abolire tutto l’articolo.
La ragione della richiesta era semplice: per controllare
preventivamente tutto il materiale postato dagli utenti, i
fornitori di servizi sarebbero stato costretti ad applicare sistemi
di filtraggio automatico, cosa che sarebbe andata contro il diritto
alla libertà di espressione e di informazione degli utenti.
La Corte di Giustizia europea ha respinto la richiesta, e quindi
le cose restano come ora. È però importante capire come ha
giustificato la sua decisione, perché si scoprono molte cose.
Innanzitutto, il filtraggio preventivo è in effetti una
limitazione al diritto alla libertà di espressione e di
informazione degli utenti; quello che fa la direttiva è trovare un
punto di compromesso tra questi diritti fondamentali e quelli dei
proprietari dei contenuti. Attenzione: diritti dei proprietari, non
degli autori! Saetta ricorda tra l’altro che se le aziende del
copyright ci tengono a precisare che anche loro difendono i diritti
fondamentali – un caro saluto a Enzo Mazza, già che ci sono… – il
relatore ONU per i diritti culturali ha fatto presente che nel
campo della proprietà intellettuale i diritti fondamentali sono
solo i diritti morali, vale a dire affermare che l’opera è mia. E
questi diritti, a differenza di quelli economici, non sono
trasmissibili.
La seconda cosa da notare è che proprio perché si afferma che
c’è una limitazione ai diritti degli utenti si ammette
implicitamente che il filtraggio automatico è imposto dalla
direttiva: altrimenti il problema non si porrebbe. Eppure, come
leggete per esempio
qui, l’ineffabile relatore Axel Voss aveva twittato dicendo che
questo era una falsità e che quindi non ci fosse più motivo per non
approvare la direttiva. (Come? il tweet originale non esiste più?
Ah, signora mia, che vergogna! Non ci si può fidare
di nessuno!) Vabbè, ma tanto questo lo sapevamo già.
Seguono infine i paletti (o se preferite, le garanzie) a tutela
degli utenti finali: dalle segnalazioni dei titolari dei diritti
che devono essere circostanziate (insomma, non basta dire “avete
roba mia”) al non dover bloccare i contenuti leciti (e una parodia
è un contenuto lecito) a un meccanismo di reclamo funzionante se
qualcuno cancella del materiale che riteniamo essere lecito. Ma
soprattutto, i fornitori non hanno alcun obbligo di sorveglianza
generale dei contenuti immessi dagli utenti. Non sono loro a dover
giudicare se un contenuto è stato caricato illegalmente, ma i
giudici.
Il tutto funzionerà? Probabilmente no. Quello che pare certo è
che al momento le uniche implementazioni della direttiva che
rispettano questi principi sono l’austriaca e la tedesca. Quella
italiana no, ma non lo sono neppure la francese e la spagnola che
pure dicevano di essere stati bravissimi. Aspettatevi altri
ricorsi…
La scorsa settimana il trilogo ha approvato una formulazione più
o meno finale per il Digital Services Act, che assieme al gemello
Digital Market Act rappresenterà la regolamentazione dell’Unione
Europea per i servizi digitali. Anche Wikipedia ne sarà toccata;
stasera alle 21:30 chiacchiererò con Marco Schiaffino nella
trasmissione di Radio Popolare Doppio
click. Spero di sapervi dare qualche notizia… i documenti
ufficiali non sono infatti ancora stati pubblicati.
Dopo
il caso Orsini è arrivata la nuova campagna contro la
fascistissima Wikipedia. Da mercoledì sera la casella di posta dei
comunicati di Wikimedia Italia ha ricevuto questi messaggi.
– Stefano V.:
Salve, leggo che Wikipedia è un Enciclopedia libera, quindi mi
spiega perché della porcata sulla pagina della Strage di Odessa?
Perché dopo 8 anni avete cambiato proprio ora? Ha una spiegazione a
questo?
– E. Bosisio:
Buonasera,
Ritengo vergognosa la manomissione della pagina Wikipedia
riguardante il rogo avvenuto nel 2014 nel palazzo dei sindacati ad
Odessa.
Sono stati rimossi i riferimenti ai carnefici, cioè i gruppi
paramilitari nazionalisti e nazisti ucraini, che poi influenzeranno
la vita politica del paese.
Spero venga ristabilita la verità nella pagina.
– Rossella C.:
Vergognatevi
– vitojc.:
Reclamo in allegato: hanno manipolato la Vostra pagina. Non
riceverete più contributi se mantenete e continuate falsificazioni
storiche. [l’allegato è un’immagine con doppio screenshot della
voce, “prima” e “dopo”]
Cosa è successo? Per avere un’idea, ecco alcune versioni della
voce.
&diamond prima versione, novembre 2020, con il nome “Rogo di
Odessa” (e non certo filoucraina)
&diamond aprile 2021, subito prima della sua rinomina, fatta
senza nessuna discussione da un utente con la motivazione “Rinomino
in strage, come viene riportata su numerose fonti attendibili”; le
fonti diverse nella voce erano tre e usavano rispettivamente
“strage”, “rogo”, “incendio”. (differenze)
&diamond Fine 2021, prima dell’escalation che poi ha portato
all’attacco russo (differenze)
&diamond 21 marzo 2022, prima di un’aggiunta di altre notizie e
del ritorno al nome originale. (differenze)
Insomma: è un po’ difficile affermare che in otto anni si è
cambiato solo ora, visto che la voce ha due anni e che aveva preso
quel nome dieci anni fa. Nella versione attuale, qualunque sia il
titolo della voce, a me pare che siano chiare le responsabilità
dell’Ucraina nel cercare di insabbiare l’operato dei neonazisti, e
il Pravyj Sektor è regolarmente citato. Ma non vale la pena
spiegare le cose ai signori di cui sopra, che non credo abbiano
alcun interesse a leggere davvero cosa c’è scritto: altrimenti si
sarebbero accorti che nella pagina web dove si trova l’indirizzo a
cui mi stanno scrivendo è specificato che Wikimedia Italia non ha
alcun controllo sulla voce. (Non starete mica pensando che ci sia
qualcuno che dica “scrivete a press, così vi farete
ascoltare!”?)
Un’ultima chicca. Non sono molte le versioni di Wikipedia che
hanno una voce al riguardo, anche quella inglese ne parla
all’interno degli scontri del 2014. Però c’è
quella russa, che si intitola Пожар в Одесском доме профсоюзов,
cioè incendio al palazzo dei sindacati di Odessa.
Evidentemente i nazisti si sono infiltrati anche lì, con la scusa
che la Russia sta bloccando l’accesso a Wikipedia lasciando liberi
i nazisti russofoni all’estero di vandalizzarla…
aggiornamento: (7 aprile) stanotte alle 2:20 ha scritto
all’indirizzo di Wikimedia Italia un tal “ivan tighi” (google non
mi ha dato nessuna occorrenza, quindi scrivere nome-e-cognome non
dovrebbe essere un problema di violazione di privacy) cominciando
con “Caro Jimmy,” (e scrivendo in italiano, ça va sans dire).
Magari capite perché non rispondo nemmeno più: se uno è convinto di
scrivere direttamente alla Wikimedia Foundation è inutile cercare
di spiegargli come funzionano le cose.